mercoledì 29 ottobre 2014

Marcello Pisano per l'incontro del 25 ottobre nella nostra sede



Incontri con gli autori
Sabato 25 ottobre 2014: la Poesia di Vincenzo Pisanu e la Musica di Nicola Agus

Da una email di Marcello Pisano:
La serata di ieri ci ha regalato un altro tassello culturale e armonioso del popolo sardo.


E senz'e fai campanillismu, evviva po su populu sardu.
Buona giornata.
Marcello


Impressioni
Il trio P, seduto davanti a me: io sono lo spettatore, si è dimostrato ampiamente alle nostre attese.
In questo caso dirò qualcosa, le più essenziali e senza farmi influenzare troppo dal senno di poi, riguardo
alla prima P.
All’inizio, tutto normale e con una certa tranquillità, dopo le dovute presentazioni pure; dopo la lettura
Della prima poesia, la prima P si fa seria: comincia l’emozione, non per averla letta (ma per quello che
Ha sensibilizzato in lei la lettura).
Letta dal secondo P in lingua sarda, l’emozione è aumentata, comunque contenuta.
La lingua sarda, per coloro i quali l’amano, trasmette non solo armonia ed emozione
Ma anche nostalgia.
Ciò ha messo in "fibrillazione" la prima P.
Ma ,alla richiesta del secondo P, di far lettura di una poesia in lingua sarda, tutta la miscellanea
del suo stato d’animo, si è tramutato in leggero disagio, declinando l’invito elegantemente.
Succintamente all’amica P.
Marcello






Sabato sera ci ritroviamo nella sede dell'associazione per una spaghettata.
Offerta libera.

martedì 21 ottobre 2014

"Cucirò la bandiera del nuovo re" di Pia Deidda al Teatro Civico Matteotti di Moncalieri

"Un bel coraggio portare Cucirò la bandiera del nuovo re a Moncalieri alla Fera dij Subièt!" ho detto a Gianluca Quntomoro Cotza l'altra sera sul palco del teatro Civico Matteotti.

Ringrazio la Proloco e gli amministratori civici che hanno dato questa opportunità a Luisa Pisano e alla sua Compagnia teatrale Nosu Impari
Ringrazio Luisa Pisano che ha riadattato in veste teatrale il mio racconto.
Ringrazio i bravissimi attori per la sua rappresentazione.

Pia Deidda




CUCIRO' LA BANDIERA DEL NUOVO RE

Margheritedda accettò quel compito con una punta di stizza e malcelato risentimento; subito, appena il messo inviato dal viceré di Cagliari si presentò quella mattina con la richiesta.
«Richiesta? Più un ordine che una richiesta!» aveva detto con un cenno di disappunto guardando negli occhi l'altezzoso l'uomo che, non sopportando lo sguardo linguacciuto della giovane donna, girò la testa di lato cercando di ignorare quello che aveva sentito.
«Benedette donne sarde» disse fra sé «che caratterino hanno!».
Margheritedda prese in mano il foglio con l'ordinanza che le porgeva il messo e si chiese se questi avesse la minima idea di cosa volesse dire essere sartina, analfabeta e donna in quel tempo e in quel luogo. «Ma la stupidità umana non ha confini né di tempo né di luogo» disse fra sé e tenendo per sé tutta l'acredine che covava nel cuore e nella pancia.

Appena l'uomo se ne andò via, altero nella sua divisa e con le spalle alzate in segno di contrarietà per avere avuto a che fare con quella donna così selvatica, la madre chiuse in fretta la porta sprangandola bene.
«Figlia mia, ma come puoi comportarti così davanti alla guardia? Lui sta svolgendo solo il suo lavoro e risponde solo a degli ordini!».
«Mamma ma non ti rendi conto cosa devo fare? Anzi, cosa mi obbligano a cucire?».
«E' solo una bandiera».
«Solo una bandiera? E' la bandiera piemontese mamma!».
«Figlia mia, cuore mio stimato, abbi pazienza. Tante ne abbiamo viste e tante ne vedremo ancora. E poi, pensa che orgoglio! Sei stata scelta dal nuovo Re perchè sei la sarta più brava di tutta la Sardegna!».
«Mamma mia come è facile piegarsi a chi ci comanda e ci sfrutta!».
«Margheritedda...».
«Basta ma'! Non ti preoccupare, cucirò questa bandiera. Sempre bianca, croce rossa al centro con i quattro mori e, questa volta, i simboli della casa Savoia al centro. Eccome se la cucio! La cucio ma', non ti preoccupare! Cucirò la bandiera del nuovo Re».
La donna si rasserenò, non erano certo quelli i tempi per ribellarsi; e poi, due donne sole come loro non potevano permetterselo. I governanti cambiano in questa terra e l'uno non è diverso dall'altro, la figlia era troppo giovane per comprenderlo. Mentre rimuginava fra sé prese l'involto racchiuso nella bianca tela di canapa che il messo aveva appoggiato sul tavolo vicino all'ordinanza reale e pensò che con quella si sarebbe potuto fare un bel lenzuolo. Aprì l'involucro con tutta la curiosità che aveva represso fino a quel momento.
«Mi' Margheritedda, guarda che stoffa! Ma è seta? Raso di seta, ma che bellezza: bianca, rossa, nera, ma anche gialla... E guarda che fili per cucire e ricamare! Si vede che è roba regale!».
Margheritedda si avvicinò e prese in mano le stoffe, ne soppesò la leggerezza. Una bella consistenza questo tessuto lucente, nato per resistere alla forza di questo nostro vento di Sardegna, pensò. Immaginò la sua bandiera sventolare dall'alto di una lunga asta posta sul grande bastione che dava verso il mare e osservata con orgoglio da tutta la cittadinanza lì presente a ricevere il nuovo Re in visita.
«Sarà una bella bandiera, mamma. Vedrai come sarà bella!».
La donna tirò un sospiro di sollievo; ora sì che poteva dormire tranquilla, sua figlia si era di colpo rinsavita.

Margheritedda si alzò presto il giorno dopo e si mise subito all'opera, non voleva perdere tempo; il lavoro che si apprestava a fare doveva essere molto accurato e le avrebbe richiesto un po' di giorni.
Prese l'involucro dove erano conservati stoffe e fili; all'interno c'era un rotolo di cartoncino, lo spiegò sul tavolo, era il disegno modello per la bandiera. Quel primo giorno l'avrebbe imbastita: croce rossa su campo bianco. Il giorno successivo l'avrebbe dedicato alla cucitura e gli altri a seguire al ricamo dei quattro mori e del simbolo sabaudo centrale.
Per chi cuce le giornate sono scandite dalla presenza della luce solare: all'accendersi del primo lume si smette. Non è solo la pratica del risparmio ad accompagnare questa consuetudine: ma perché gli occhi di una ricamatrice devono preservare una buona visione per tanti anni a venire.
E così le lunghe giornate di Margheritedda passavano silenziose all'interno della cucina, in quell'angolo sempre lindo e ordinato che le era stato concesso per condurre con serenità il suo lavoro.

Il messo arrivò il giorno stabilito per ritirare la bandiera, tutto doveva essere predisposto con solerzia e puntualità per l'arrivo del nuovo Re.
Margheritedda gliela porse con una riverenza cortese e l'uomo la guardò dubbioso.
«Guarda come è cambiata adesso che si prende i soldi», pensò prendendo il pacco contenente la bandiera e sporgendole con astio la sacchetta con le monete sonanti.

Margheritedda il giorno dell'arrivo del Re si vestì con l'abito più bello che avesse, l'abito della festa. Di quelle feste importanti che segnano il calendario liturgico con una croce d'oro. Se l'era preparato nei giorni inoperosi lasciati vuoti dalla mancanza di commissioni, cucito attentamente e ricamato altrettanto amorevolmente. Il suo era sempre un lavorare pignolo e appassionato.
«Beato l'uomo che ti sposerà» le dicevano le amiche «se verrà trattato come questo tessuto». E dalle sue abili mani anche il panno più ruvido e dozzinale acquistava una nobile forma.

Mentre passava il corteo dell'aristocrazia sarda in pompa magna seguito dai notabili e dagli alti prelati, Margheritedda si dispose dietro un gruppo di popolani chiassosi che si erano messi proprio in direzione del bastione da dove sporgeva la lunga asta che avrebbe portato la nuova bandiera vessillo del nuovo potere. Era gente più che altro curiosa di vedere quel cambio di governo e dubbiosa se le cose sarebbero cambiate in meglio o in peggio da quel momento. Poco distante un gruppo di bambini sventolanti piccole bandierine fatte di stracci schiamazzava talmente forte che non si capiva bene se fossero improperi d'insulto o frasi d'esulto. Il nuovo padrone non conosceva ancora quella strana lingua del posto e i soldati locali fecero finta di nulla.
Le trombe annunciarono l'arrivo del Re piemontese che si affacciò, imponente nella sua divisa carica di decorazioni e medaglie, dall'alto delle mura. Un cannone a salve azzittì tutti con un boato, facendo tacere anche il gruppo di bambini esagitati. La cerimonia dell'alzabandiera iniziò. Tutti i soldati disposti in file ordinate si misero sull'attenti e uno di loro, staccatosi dal gruppo, si dispose sotto il pennone; prese l' involucro che gli porse il messo, lo aprì e dispiegò la bandiera. La fissò al sistema di funi che l'avrebbero issata in alto sul pennone.
L'aria fino a quel momento calma e ferma si mosse trasportata da un vento bizzarro proveniente dal mare che incominciò a giocare con la stoffa. Ad un suono di tromba il soldato innalzò la bandiera che incominciò a salire attorcigliata dal soffio dispettoso; ma, quando arrivò su in alto, il vento gentilmente la allargò interamente e la mostrò in tutta la sua ampiezza.
Un «Oh!!!» di stupore corse e si alzò dalla folla incredula. «Guardate la bandiera!». «Guardate i quattro mori!».«Hanno la benda sugli occhi!» gridò qualcuno più spavaldo «Sì, dalla fronte la benda è scesa sugli occhi». «E non hanno più la coroncina!». La folla fra risatine, gomitate e schiocchi di lingua, batté le mani.
Margheritedda guardò la sua opera che il vento dispiegava in tutta la sua sfrontatezza e sorrise. In quel mentre si avvicinò il messo del Re e i loro occhi s'incontrarono, anzi si fronteggiarono orgogliosi gli uni e perplessi gli altri. La ragazza sempre con un sorriso sottile e malizioso prese dalla tasca la sacchetta dei soldi e l'aprì. Le monete non fecero in tempo a posarsi sulla sua mano che già volavano alte in direzione dei bambini che, spintonandosi a vicenda, cercarono di accaparrarsene almeno una. Il messo si fermò, sorrise e con un debole cenno del capo salutò la coraggiosa ragazza prima di tornare sotto la bandiera.

La prima benda calata sugli occhi per non vedere tutti i morti, compresi mio fratello e mio padre, mai tornati da una guerra in un paese che non ci appartiene.
La seconda benda calata sugli occhi per tutte le tasse che sono aumentate e alimentano le casse di un governo che spende e investe i soldi di noi poveretti in un paese che non ci appartiene.
La terza benda calata sugli occhi per tutto il grano, il legname, il carbone, l'argento e ogni altro ben di dio che vengono pagati un soldo e sono portati in un paese che non ci appartiene.
La quarta benda calata sugli occhi per non vedere questo tronfio Re di un paese che non ci appartiene.


© Pia Deidda 2012

Nota: nel racconto si parla del periodo dell'annessione della Sardegna al Piemonte nel 1718 con il Re Vittorio Amedeo II.

Da leggere ascoltando questo: http://www.youtube.com/watch?v=OLi03jZmZ5g&feature=related

domenica 19 ottobre 2014

Nosu Impari al Teatro Matteotti di Moncalieri


Serata da ricordare, per noi di Nosu Impari, quella vissuta ieri 18 ottobre 2014 al Teatro Civico Matteotti di Moncalieri.



“Ricordando la Sardegna” è arrivata alla sua quinta edizione grazie alla volontà della nostra presidente Luisa Pisano che riesce a tenere coeso un gruppo eterogeneo di ballerini, cantanti, musicisti, attori e poeti; tutti diversi per formazione e temperamento, ma tutti uniti dallo stesso amore per la terra sarda, di cui vogliono far conoscere alcuni spaccati della sua vasta cultura antica e moderna. E, come dice Luisa Pisano, è l'amore per la Sardegna che ci spinge a vivere con umiltà, ma con passione, questa esperienza teatrale, pur consapevoli di non essere tutti dei professionisti.

Questa volta ad accoglierci a teatro, situato nello splendido scenario del centro storico di Moncalieri, in occasione della “Fera dij subiét”, c'erano il sindaco Roberta Meo, l'assessore alla Cutura e Sport Francesco Maltese, l'assessore all'Urbanistica Marcello Concas e l'organizzatore dell'evento Ezio Bertello presidente della Pro Loco. A loro vanno i nostri ringraziamenti per averci dato la possibilità di esibirci davanti ad una gremita platea di spettatori.


I saluti di Ezio Bertello


I saluti del sindaco


 I saluti di Luisa Pisano


Il gruppo di ballo
(da sinistra a destra)
Luisa Pisano, Franco Brunetti, Rebecca Melis, Alessandro Palermo, 
Angela Urraci, Mario Caboni, Antonietta Carboni (maestra del gruppo), Nicola Silvestri


i cantanti
Gianluca Cotza (Quintomoro) e Laura Cotza


Il suonatore di launeddas Benito Melis e d'armonica Carlo Uda


 Pia Deidda e Gianluca Cotza leggono la poesia
 di Paola Alcioni "Sa cantadora"
"Preghiera a terra mia"


"Su bistiri de su sindigu"
con Rita Cannas, Ignazio Molia e Maria Molia


Scena tratta da "Su sponsoriu de su sindigu"


 Albino Agus legge la poesia
"Angeli e demoni"


Scena tratta da "Cucirò la bandiera del nuovo re"

Tutti gli attori che hanno partecipato: Rina Cannas, Elia Ledda, Piero Melis, Maria Molia, Ignazio Molia, Daniele Passalacqua, Marta Passalacqua, Ilaria Passalacqua, Marcello Pisano, Irene Pisano, Vincenzo Sabiucciu, Gianna Serafino.
E Angelo Carucci come tecnico del suono. 


Le  poesie lette

Albero al vento
di Luisa Pisano

In quella distesa di terra
rossa e arida, sei fermo.
E ti aggrappi, piegato in due,
con tutte le tue forze sotterranee,
lasciando che il vento eterno
e continuo, agiti i tuoi rami
secolari come tante braccia
lasciate libere al proprio destino.
Così anche tu, come un vero sardo,
ti ostini a rimanere dove sei nato. 


Pregadoria a sa terra mia
di Paola Alcioni 

 
Ancu cust’umbra de axiu
lompat sentz’’e sprama,
cun passu lébiu e manu sentz’’e tírria,
po ‘ndi studai s’úrtimu bisu miu,
Terra Mama.


E candu ap’essi arruta cara a is nuis,
firmu unu bólidu ‘e spantu
in is pipias,
dolori e timorias apaxiamí
e asciutamí su prantu.


Prenimí cun s’imprassu ‘e su bentu
is bratzus obertus debadas, che sa gruxi,
e unu carínniu arraspinosu ‘e arena
m’intreghit unda a sa praja sullena
de s’urtimu sonnu.

Ti torru gràtzias po su chi no apu tentu,
chi no lassu cun làstima innoi:
no lassu gosus, sceti su proi proi
e sa strossa de pèsperus nuscosus.

Anninniamí, Mamai, cun su zúmiu
de una durci cantzoni in sa tzinniga
e arregordu ‘e mali no mi portit
su tzérriu tzirrichiosu ‘e su maistrali,
candu fridu affarruncat de is notzentis
tzinníbiris de mari frunzas fertas.

Lassamí is pibiristas obertas:
no timu prus s’arrori de s’aera
abbrigada de su soli ‘e s’istadi.

Ma tui, chi arréxinis e língua m’as donau, chistidí
custu studau losíngiu ‘e solidadi
in s’amori de is intrànnias tuas:
ancu tengat spera cras
de intzeurrai frori
o aira po ‘ndi pesai
arta
una bandera...

  
ANGELI E DEMONI
di Albino Agus





Quando i demoni si scatenano, seminando morte e distruzione,

immediatamente gli angeli si allertano ed entrano in funzione.



Le forze scure, che scatenano gli eventi all’improvviso,

spengon la speranza nel futuro e cancellano il sorriso.



Tsunami, terremoti, uragani e frane sulla terra,

sul campo lasacian segni più gravi che una guerra.



Spazzano via case, fabbriche, scuole e uccidon molta gente;

che sian cattivi, buoni, ricchi o poveri, non gliene importa niente.



La Sardegna, che pareva risparmiata da quel tipo di dolore,

a Novembre, l’uragano l’ha colpita nella sua parte migliore.



Olbia allagata, appariva come un lago di fango immenso.

Tentare d’alzarsi, per tanti, parea non avesse più senso.



Quando il male colpisce alla cieca, seminando morte e distruzione,

gli angeli si allertano e corrono per portar sollievo e consolazione.


Accorrono sul posto e vedendo quel disastro rimangono interdetti…

Si buttano nel fango, invadon le cantine e salgono sui tetti.



Svuotano, lavano, bruciano, soccorrono e curano i feriti.

Portano cibo, coperte, vestiti, tutto senza essere retribuiti.



Noi, che siam lontani, possiamo intervenire col nostro contributo.

Che sappian che ci siamo e che, anche se modesto, mandiamo il nostro aiuto.



Gli angeli di Sapori di Sardegna, del Gruppo Nosu Impari , insieme al Quintomoro,

si stringono a quei dei qui presenti con un: “Viva la Sardegna!” formando un solo coro.




Tormento è ora la su assenza
di Pia Deidda



Piega alberi secolari al suo potere,

solleva mulinelli di sabbia

e scopre tesori nascosti,

sparge essenze di erbe aromatiche,

spande fiocchi di soffice polline

e improvvisa delicate danze,

spruzza schiaffi violenti di acqua marina,

trasporta sabbia rossa africana

e la posa su candide verande,

ulula voci di ancestrali memorie,

raduna vortici di foglie

e le deposita in angoli silenti,

sposta con veloce irruenza nembi,

trascina inermi bambini

e li sospinge per scoscese discese.

Ho visto agire la forza del vento,

tormento è ora la sua assenza.





 



martedì 14 ottobre 2014

Il poeta Vincenzo Pisanu nella nostra associazione


Incontri con autori sardi

Continuando i nostri incontri con poeti e scrittori all'insegna della cultura sarda, il 25 ottobre 2014 alle ore 17 ospitiamo nei locali della nostra associazione in Via Reiss Romoli 45, Torino, il poeta sardo Vincenzo Pisanu per la presentazione del suo libro "Is arrosas de Uras".

Sarà presente anche il maestro Nicola Agus, polistrumentista del Conservatorio di Cagliari, con esecuzioni musicali di launeddas e organetto diatonico.

Seguirà cena in piedi di condivisione.





Un brano di Nicola Agus

http://www.youtube.com/watch?v=KSU_jclBrLw

E poi su Tottus in pari:

http://tottusinpari.blog.tiscali.it/2014/10/14/incontri-con-autori-sardi-il-poeta-vincenzo-pisanu-a-torino-il-25-ottobre-con-l%E2%80%99associazione-%E2%80%9Cnosu-impari%E2%80%9D/




venerdì 10 ottobre 2014


Vi rimandiamo alla pagina di "Tottus in pari" che parla di noi:


http://tottusinpari.blog.tiscali.it/2014/10/10/l%E2%80%99associazione-%E2%80%9Cnosu-impari%E2%80%9D-gianluca-%E2%80%9Cquintomoro%E2%80%9D-cotza-albino-agus-luisa-pisano-e-pia-deidda-a-moncalieri-tanta-sardegna-alla-manifestazione-del-18-ottob/?doing_wp_cron